Aggressioni verbali: come ottenere il risarcimento del danno

Un’aggressione non presuppone sempre l’uso della forza fisica, ben potendo sussistere – e rilevare giuridicamente – anche laddove sia posta in essere verbalmente attraverso insulti, minacce, calunnie, etc.

Come comportarsi nel caso si sia vittima di un’aggressione verbale?

Indice

Aggressioni verbali: che cosa si intende?

S’intende la violenza che si manifesta con le parole anziché con la forza fisica, ossia sostanziandosi per l’utilizzo di espressioni offensive, diffamatorie o calunniose, che spesso si accompagnano alla volontà di prevaricare sull’altra persona e di umiliarla.

In questo senso, la violenza verbale è una forma di violenza morale, cioè di abuso psicologico.

Non tutte le aggressioni verbali rilevano penalmente ed è quindi fondamentale distinguere.

Aggressioni verbali: quando è reato?

L’aggressione verbale è reato quando integra una delle seguenti fattispecie:

minaccia;
diffamazione;
maltrattamenti;
stalking.

Le aggressioni verbali integra il reato di minaccia quando le espressioni utilizzate sono intimidatorie e prospettano un male ingiusto [Art. 612 cod. pen.]. A mero titolo esemplificativo possono integrare una minaccia le seguenti espressioni: “Ti ammazzo”, “Te la faccio pagare”, “Dopo facciamo i conti”, “Ci vediamo dopo”.

L’aggressione verbale diventa diffamazione se i commenti ingiuriosi sono rivolti alla vittima in sua assenza ma in presenza di almeno altre due persone che possano udire le offese [Art. 595 cod. pen.]. È diffamazione anche pubblicare sul proprio profilo social commenti denigratori o foto che mettono in ridicolo la persona offesa.

L’aggressione verbale può integrare il reato di maltrattamenti, se le offese sono ripetute nel tempo e dirette nei confronti di una persona convivente al fine di umiliarla e gettarla in uno stato di prostrazione psicologica [Art. 572 cod. pen].

Le aggressioni verbali diventano stalking quando si sostanzia in una vera e propria persecuzione ai danni della vittima, la quale non riesce a liberarsi della condotta molesta dell’autore [Art. 612-bis cod. pen.]. A differenza dei maltrattamenti, gli atti persecutori non presuppongono la convivenza tra vittima e autore delle condotte ma per aversi stalking occorre che la vittima subisca una delle seguenti conseguenze:

viva in un costante stato d’ansia;
abbia timore per la propria o per l’altrui incolumità fisica;
sia costretta a cambiare stile di vita per sfuggire alle molestie.

Come comportarsi se l'aggressione verbale integra un reato?

Se la violenza verbale integra uno dei reati appena indicati, allora la vittima potrà sporgere denuncia presso il più vicino presidio di polizia giudiziaria.

La querela dovrà essere presentata nel termine di tre mesi nel caso di minaccia o di diffamazione, entro sei mesi nell’ipotesi di stalking.

Se, invece, si tratta di maltrattamenti, la vittima non dovrà rispettare un termine preciso, trattandosi di reato procedibile d’ufficio.

Se l’aggressione verbale avviene in un contesto di violenza familiare o di genere, allora la denuncia avrà la precedenza: la polizia deve avvisare immediatamente il Pubblico Ministero il quale deve sentire la persona offesa entro il termine di tre giorni al fine di decidere se adottare una misura cautelare nei confronti dell’autore della condotta, come ad esempio l’allontanamento dalla casa familiare oppure il divieto di avvicinamento alla vittima.

In tutti i casi visti sopra, se le indagini si concludono con il rinvio a giudizio dell’autore delle condotte aggressive, la vittima potrà costituirsi parte civile nel processo penale per chiedere il risarcimento dei danni, oppure promuovere separato giudizio civile di risarcimento danni.

Come comportarsi se non integra un reato?

Anche quando non costituisce reato, la violenza verbale può comunque rilevare come illecito civile integrando una ingiuria.
L’ingiuria, a partire dall’anno 2016, non è più considerata dalla Legge un reato ma rileva civilmente al fine di ottenere il risarcimento del danno.
Con l’espressione “ingiuria” si indica un comportamento offensivo al decoro ed all’onore di una persona presente.
L’ingiuria non necessariamente presuppone che siano pronunciate frasi offensive potendo sussistere anche con comportamenti che manifestano la precisa intenzione di offendere l’altrui persona (es. fare un gestaccio o sputare verso una persona).

Al termine del procedimento civile, il giudice potrà:

condannare il responsabile ad un risarcimento in favore della vittima parametrato al danno che è stato effettivamente procurato. In mancanza di elementi certi sulla quantificazione del danno, si procederà a una liquidazione in via equitativa, ovvero sulla base della prudente valutazione del magistrato;
condannare il responsabile a pagare in favore dello Stato una sanzione da 100 euro a 8.000 euro.

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Aggressioni verbali: come ottenere il risarcimento del danno

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Aggressioni verbali: quando è reato?

Come comportarsi se l'aggressione verbale integra un reato?

Come comportarsi se non integra un reato?

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