
Se gestisci un ristorante, un bar o qualsiasi attività aperta al pubblico, conosci benissimo quanto le recensioni online influenzino la reputazione e, di conseguenza, il fatturato. Un singolo commento negativo, specie se offensivo o falso, può allontanare clienti e compromettere anni di lavoro.
Ma cosa succede quando si supera il limite e le parole diventano lesive della tua dignità?
In questo articolo analizziamo cosa si intende per diffamazione online, quali strumenti legali puoi attivare e come possiamo aiutarti a ottenere la rimozione del contenuto e un eventuale risarcimento.
Indice
Quando una recensione o un post è diffamatorio?
La diffamazione è un reato previsto dall’art. 595 del Codice Penale e si configura quando una persona offende la reputazione altrui comunicando con più persone (quindi non in forma privata). Quando ciò avviene su internet, ad esempio attraverso Google, Facebook, Instagram o altri social, si parla di diffamazione aggravata perché commessa con un mezzo di pubblicità.
Esempi comuni nei locali pubblici:
- Recensioni Google con frasi come: “cibo avariato, ho vomitato tutta la notte, evitatelo“;
- Commenti su Facebook del tipo: “personale scortese, mi hanno trattato come un cane“;
- Post nei gruppi locali dove si accusa il titolare di essere “disonesto, truffatore o peggio“.
Non tutto ciò che è sgradevole è reato. Ma se il contenuto contiene espressioni lesive dell’onore, infondate o volutamente denigratorie, allora si può agire.
Come identificare l'autore della recensione se usa un nickname
Una delle difficoltà principali nei casi di diffamazione online è che spesso chi scrive lo fa dietro un nickname o con un profilo falso. Questo però non significa che sia impossibile risalire all’identità reale.
Cosa prevede la legge:
Se il contenuto è diffamatorio, è possibile:
- Presentare una querela presso la Polizia Postale o la Procura;
- Richiedere, anche in sede civile, che il giudice ordini alla piattaforma (Google, Meta, ecc.) l’esibizione dei dati identificativi dell’utente, ai sensi dell’art. 210 c.p.c.;
- Ottenere i log IP, gli indirizzi email associati all’account, o altri metadati che permettano di risalire all’autore reale (tramite provider o hosting);
- Richiedere l’identificazione anche tramite rogatoria internazionale se la piattaforma ha sede all’estero (come nel caso di Meta o TikTok).
Serve un avvocato?
Sì, in questi casi è importante avere assistenza legale esperta perché:
- serve redigere un ricorso articolato e ben motivato;
- il giudice deve essere convinto che l’identificazione è necessaria per tutelare un diritto (reputazione, immagine, risarcimento);
- le piattaforme sono spesso riluttanti a collaborare senza un ordine giudiziale.
Altri strumenti utili:
- Analisi dei contenuti testuali per individuare stile di scrittura ricorrente;
- Confronto tra nickname e precedenti feedback o interazioni online con lo stesso utente;
- Testimonianze di persone che possono aver riconosciuto l’autore anche se usa uno pseudonimo.
⚠️ N.B.: Se il contenuto è pubblicato tramite un profilo fake, ma la persona lascia altri indizi (es. stile di scrittura, riferimenti a episodi privati, informazioni riconducibili a clienti reali), è utile raccogliere anche quelle tracce digitali per rafforzare la richiesta di identificazione.
Cosa fare subito se vieni diffamato online
Se hai trovato una recensione o un post offensivo:
- Fai uno screenshot completo (includi data, URL e nome utente);
- Verifica se è possibile replicare pubblicamente in modo civile e documentato;
- Valuta l’invio di una diffida formale all’autore o alla piattaforma (con avvocato);
- Richiedi la rimozione del contenuto direttamente alla piattaforma (es. Google, Meta);
- Valuta la presentazione di una querela per diffamazione aggravata.
⚠️ Attenzione: la querela deve essere presentata entro 3 mesi da quando scopri l’offesa.
Si può ottenere la rimozione del contenuto?
Sì. In caso di contenuti diffamatori, è possibile ottenere la rimozione utilizzando strumenti diversi, a seconda della gravità del contenuto e della reattività della piattaforma.
- Rimozione diretta dalla piattaforma: ogni piattaforma ha le proprie policy interne per la gestione dei contenuti illeciti. Google, Facebook, Instagram, Tripadvisor e simili mettono a disposizione moduli per segnalare recensioni o post offensivi, denigratori o falsi. Tuttavia, è fondamentale motivare bene la richiesta e allegare prove concrete, perché in mancanza di un ordine giudiziario la rimozione è una scelta discrezionale del gestore del servizio. Un legale può supportare nella redazione della segnalazione, rendendola più incisiva.
- Ricorso urgente ex art. 700 c.p.c.: quando il contenuto diffamatorio causa un danno attuale, concreto e difficilmente reversibile (ad esempio: perdita di clienti, disdette, campagne denigratorie virali), è possibile rivolgersi al Tribunale per ottenere un provvedimento d’urgenza che ordini la rimozione del contenuto. Questo strumento è molto efficace e può portare alla cancellazione del contenuto anche nel giro di pochi giorni, se il danno è ben documentato.
- Provvedimenti istruttori: nei casi più complessi, o in parallelo al ricorso d’urgenza, è possibile chiedere al giudice l’adozione di provvedimenti istruttori, tra cui:
- esibizione dei dati identificativi dell’autore (ex art. 210 c.p.c.);
- ordine alla piattaforma di oscurare il contenuto, bloccarlo temporaneamente o rimuoverlo definitivamente;
- conservazione dei dati e log informatici per evitare che vengano cancellati o modificati in corso di causa.
⚠️ Le piattaforme non sono automaticamente responsabili dei contenuti pubblicati dagli utenti. Tuttavia, diventano corresponsabili se, dopo aver ricevuto una segnalazione ben documentata, non rimuovono un contenuto manifestamente illecito. Questo vale in particolare quando il contenuto contiene offese gravi, accuse false o attacchi personali evidenti.
Un intervento tempestivo di uno studio legale può aumentare notevolmente le possibilità che la piattaforma rimuova spontaneamente il contenuto, evitando di arrivare in tribunale.
Posso chiedere anche un risarcimento?
Assolutamente sì. Se sei titolare di un ristorante, bar o attività commerciale, e una recensione o un post diffamatorio ha provocato disdette, mancati incassi o danni all’immagine, puoi chiedere il risarcimento di tre tipologie di danni:
- Risarcimento del danno patrimoniale: riguarda le perdite economiche concrete e misurabili, come il calo degli incassi, l’annullamento di prenotazioni, la perdita di clienti abituali, la disdetta di eventi o collaborazioni. È importante dimostrare con dati contabili e testimonianze il nesso tra il contenuto offensivo e il danno subito.
- Risarcimento del danno non patrimoniale: comprende la lesione dell’immagine, della reputazione, del decoro professionale, nonché lo stress, l’ansia o la frustrazione subiti. È risarcibile anche senza prova diretta del danno economico, se si dimostra l’oggettiva lesività del contenuto.
- Spese legali e danni accessori: tutte le spese sostenute per difendersi (avvocato, CTU, periti informatici) e altri pregiudizi indiretti subiti a seguito della diffusione del contenuto.
Come richiedere il risarcimento: civile o penale?
Chi ha subito un danno da contenuto diffamatorio può richiedere il risarcimento seguendo due strade distinte: quella civile o quella penale. Entrambe sono legittime, ma presentano caratteristiche e obiettivi diversi. Vediamo vantaggi e svantaggi:
1. Azione civile
- Si presenta un atto di citazione davanti al tribunale civile;
- L’obiettivo principale è ottenere un risarcimento economico;
- Si possono depositare tutte le prove del danno subito (documenti contabili, testimonianze, perizie);
- Tempi più certi e gestione più focalizzata sugli aspetti risarcitori;
- Lo svantaggio può essere l’anticipo delle spese legali e l’onere probatorio a carico del danneggiato.
2. Azione penale con costituzione di parte civile
- Si presenta una querela penale per diffamazione e ci si costituisce parte civile nel processo;
- Si agisce contemporaneamente per ottenere la condanna penale dell’autore e il risarcimento dei danni;
- Lo Stato si occupa dell’accertamento del reato (indagini, escussione testimoni);
- Vantaggiosa se il fatto è grave e facilmente dimostrabile;
- Di contro, i tempi possono essere più lunghi e la priorità del giudice penale è la valutazione del reato, non del risarcimento.
👉 La scelta tra le due strade dipende da vari fattori: gravità dell’offesa, tempestività d’intervento, necessità di ottenere subito un risarcimento oppure volontà di una condanna esemplare. In molti casi, è possibile avviare entrambe le azioni in parallelo, con l’assistenza di un avvocato esperto.

Quali prove servono?
Le prove sono la base di ogni azione legale efficace in materia di diffamazione. In assenza di riscontri documentali e testimonianze attendibili, anche un contenuto oggettivamente lesivo può risultare difficile da contestare in giudizio.
Screenshot: sì, ma fatti bene
Gli screenshot rappresentano la prima forma di prova, ma per avere valore legale devono:
- mostrare chiaramente il contenuto (testo, immagine, commento);
- includere data, orario e URL visibili;
- riportare l’identificativo dell’utente che ha pubblicato il contenuto (anche se è un nickname);
- essere certificati temporalmente, preferibilmente con strumenti di marcatura temporale o attraverso servizi di notifica a mezzo PEC o raccolta da parte di un notaio/perito informatico. In alternativa, è utile farli autenticare da un avvocato che attesti la corrispondenza tra contenuto online e screenshot prodotto.
Documentazione
Per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali, occorre dimostrare in concreto la perdita economica:
- calo delle prenotazioni (estratti agenda o mail);
- disdette dirette motivate dalla recensione (messaggi, email, telefonate verbalizzate);
- confronti tra fatturato precedente e successivo alla pubblicazione della recensione o post.
Testimonianze
È utile raccogliere dichiarazioni scritte o testimonianze di chi:
- ha letto la recensione e ne è rimasto influenzato;
- ha evitato di frequentare il locale o annullato appuntamenti per via del contenuto diffamatorio;
- può confermare che quanto scritto nella recensione non corrisponde al vero.
Relazioni tecniche
Se il contenuto è stato successivamente rimosso, è possibile:
- recuperarlo tramite cache, archivi online o strumenti forensi;
- produrre una relazione tecnica di un perito informatico che certifichi l’esistenza del contenuto e i dati ad esso associati (es. log, timestamp, sorgente IP);
- richiedere con urgenza al giudice la conservazione del contenuto tramite provvedimento d’urgenza.
Collegamenti
Se l’autore del contenuto usa uno pseudonimo, è utile:
- analizzare il linguaggio, lo stile di scrittura e le espressioni usate;
- confrontare il profilo in questione con altri post o recensioni dello stesso autore;
- raccogliere indizi o elementi riconducibili a un cliente reale (es. riferimenti temporali, dettagli privati noti solo a pochi, ecc.).
Ogni elemento di prova deve essere raccolto e conservato con cura, perché sarà il fondamento dell’azione legale. L’assistenza di un avvocato fin dalle prime fasi è essenziale per assicurarsi che la documentazione sia completa, utilizzabile e, se necessario, certificabile in giudizio.
Diffamazione o diritto di critica? Attenzione alla differenza
La libertà di espressione è tutelata dalla Costituzione, ma ha dei limiti. Il diritto di critica è legittimo solo se:
- Si riferisce a fatti veri e documentabili;
- È esposto con correttezza di linguaggio;
- Risponde a un interesse oggettivo (es. informazione del pubblico).
Se una recensione dice:
“Abbiamo atteso troppo, il locale era rumoroso e non torneremo” → critica legittima.
Se invece dice:
“Servono cibo scaduto, sono dei truffatori” → diffamazione aggravata, soprattutto in assenza di prove.
Caso pratico: il ristoratore danneggiato da una falsa recensione
Andrea (nome di fantasia), titolare di un ristorante a Forlì, si accorge di una recensione pubblicata da un profilo anonimo che scrive:
“Locale sporco, cucina da denuncia, camerieri che puzzano e non sanno servire. Il titolare è una persona aggressiva.”
Andrea riceve 5 disdette nelle 48 ore successive. La recensione viene condivisa in un gruppo Facebook locale e commentata da decine di utenti.
Cosa abbiamo fatto:
- Raccolta prove e screenshot certificati: abbiamo acquisito le prove digitali in modo tecnicamente valido per un successivo uso in giudizio, includendo data, ora, URL e identità del recensore (anche se fittizia), con timestamp e certificazione temporale ove possibile.
- Diffida formale inviata a Google e all’utente: è stato redatto un atto stragiudiziale in cui si contestava il contenuto, si esponevano le ragioni della lesività e si richiedeva l’immediata rimozione, minacciando azioni giudiziarie in difetto.
- Ricorso ex art. 700 c.p.c. con richiesta di oscuramento: trattandosi di un contenuto idoneo a produrre danni immediati e irreparabili, è stato depositato un ricorso urgente al Tribunale per ottenere la rimozione coatta del contenuto da parte della piattaforma.
- Querela per diffamazione aggravata e istanza ex art. 210 c.p.c.: è stata presentata querela presso la Procura con costituzione di parte offesa e contestuale richiesta al giudice civile di acquisire i dati identificativi dell’autore (indirizzi IP, mail, ecc.).
- Avvio causa civile per danno all’immagine e patrimoniale: abbiamo depositato un atto di citazione allegando la prova della perdita economica subita (disdette documentate, calo incassi, feedback negativi a catena) e il danno morale connesso alla lesione della reputazione professionale.
Risultato: post rimosso, autore individuato (era un ex dipendente licenziato), e risarcimento accordato: 6.800 € + spese legali.
Link utili e risorse
FAQ – Domande frequenti
1. Posso agire anche se la recensione è firmata con un nickname?
Sì, attraverso il giudice puoi richiedere l’identificazione dell’autore tramite ordine di esibizione dei dati alla piattaforma.
2. Le piattaforme devono collaborare subito?
No, in genere servono solleciti formali o un provvedimento del giudice. La collaborazione diretta è rara senza istanza legale.
3. Posso chiedere la rimozione anche se la recensione contiene mezze verità?
Sì, se il tono è lesivo e i fatti sono distorti o privi di fondamento. Anche una verità esposta in modo diffamatorio può costituire reato.
4. Dopo quanto tempo si prescrive il reato?
Il termine per presentare querela è 3 mesi dalla scoperta del contenuto lesivo.
5. La diffamazione su Tripadvisor o Google è punibile come quella su Facebook?
Sì. Conta il contenuto e la sua diffusione pubblica, non la piattaforma.
Conclusioni: difendere la reputazione è un diritto (e un dovere)
Essere attaccati online da contenuti falsi o diffamatori è un’esperienza comune a tanti titolari di attività locali. Non sei solo, e non sei obbligato a subire in silenzio.
Con l’aiuto di un avvocato puoi ottenere:
- La rimozione del contenuto;
- L’identificazione dell’autore;
- Un risarcimento per i danni subiti.
Hai ricevuto una recensione offensiva o sei stato ingiustamente attaccato sui social?
Tutelati con il nostro supporto: facciamo valere i tuoi diritti.
Noi dello Studio Legale Paganini Bellini ci occupiamo ogni giorno di tutelare chi è stato danneggiato sui social.
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