Quando si è a corto di liquidità si potrebbe essere maggiormente a rischio di concludere contratti sfavorevoli – anche molto sfavorevoli – per far fronte alle difficoltà. Si pensi ad esempio al caso di chi, dopo aver perso il posto di lavoro, temendo di non riuscire più a far fronte alle rate del mutuo o ad altri oneri economici e fiscali, accetti di vendere un immobile di proprietà ad un prezzo molto inferiore al suo valore di mercato, avendo urgenza di realizzare denaro.
E’ valido un contratto concluso approfittando dello “stato di bisogno” (nel caso specifico le difficoltà economiche) della controparte?
Indice
Contratti sfavorevoli: premesse
Nel nostro ordinamento, la regola generale è quella della “irrilevanza dello squilibrio tra le prestazioni contrattuali” determinate dalle parti, principio questo desumibile dall’art. 1322 c.c. laddove si prevede la c.d. “autonomia contrattuale”. Semplificando, quindi, salvo ipotesi eccezionali, al nostro legislatore non interessa se un contratto sia o meno “equo” o se privilegi una parte rispetto all’altra, rilevando unicamente se le parti si siano liberamente determinate – senza costrizioni – ad accettare le condizioni di quel contratto.
Un’eccezione alla regola di cui sopra è costituità dal rimedio della rescissione contrattuale che permette di “liberarsi da un contratto sfavorevole” a condizione che ricorrano tre elementi:
- il contratto deve essere stato concluso con una delle parti in stato di pericolo o bisogno;
- il contratto deve essere ingiusto, ossia prevedere condizioni inique per le parti;
- il contraente era a conoscenza dello stato di pericolo o bisogno in cui si trovava l’altra parte.
La giurisprudenza ha confermato la necessità della contemporanea presenza dei tre suindicati requisiti per poter ricorrere al rimedio della rescissione contrattuale (Cassazione Civile, Sentenza n. 15338/2018).
L’azione giudiziale per ottenere la rescissione può essere fatta valere solo dalla parte lesa entro un anno dalla conclusione del contratto ma se la stipulazione integri gli estremi di un reato (es. truffa) allora il termine per agire si estende al più lungo termine di prescrizione del reato.
Il contraente contro il quale è chiesta la domanda di rescissione può evitarla modificando il contratto al punto da ricondurlo ad equità (istituto della c.d. “riduzione a equità”).
Rescissione del contratto stipulato in stato di bisogno
L’art. 1448 c.c. disciplina la rescissione del contratto concluso in stato di bisogno.
I bisogni rilevanti a questi fini sono rappresentati, ad esempio, da una situazione di difficoltà economica o da una contingente carenza di liquidità, dovendosi però verificare la sussistenza di un nesso di strumentalità tale da incidere sulla libera determinazione a contrarre: ciò significa che le momentanee criticità economiche devono costituire il motivo per cui è stata accettata la sproporzione tra le prestazioni.
Lo stato di bisogno deve essere altresì attuale ed effettivo, dovendo consistere in una circostanza oggettiva in cui i contraenti si trovano.
Il secondo requisito è costituito dall’approfittamento di controparte, consistente nella consapevolezza che una parte ha dello stato di bisogno dell’altro contraente e nel consapevole proposito di trarne vantaggio.
Il terzo requisito è che la lesione sia quantificabile in più della metà del valore della prestazione della controparte, sulla base del valore di mercato.
Rescindibilità del contratto preliminare di compravendita immobiliare
La rescindebibilità di un contratto preliminare è questione controversa (si pensi al c.d. “compromesso” con cui, per il tramite di un’agenzia immobiliare, ci si impegna a vendere/rogitare).
Un primo orientamento della giurisprudenza negava l’autonoma rescindibilità del contratto preliminare valorizzzando la funzione meramente preparatoria di tale contratto (anche il preliminare è infatti un contratto) rispetto al contratto definitivo: poichè l’assetto contrattuale si sarebbe delineato in concreto solo con la stipula del contratto definitivo (non si potrebbe quindi valutare se sussistono i requisiti per la rescissione prima della conclusione del contratto definitivo).
Secondo altro orientamento già la stipulazione del contratto preliminare permette di agire con l’azione di rescissione, poichè anche il preliminare fa già sorgere obbligazioni in capo alle parti (nello specifico, a concludere il contratto definitivo, tanto che la parte inadempiente può subire l’azione di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c.).
Quest’ultimo orientamento è quello divenuto prevalente: nonostante la lesione riferita ad un contratto preliminare divenga concreta ed attuale soltanto nel momento in cui la parte che l’ha subita sia convenuta per l’esecuzione in forma specifica del contratto, con conseguente decorrenza da tale momento del termine entro cui promuovere l’azione di rescissione, ciò non significa che l’esistenza della sproporzione tra le condizioni contrattuali debba essere posticipata rispetto alla stipula del contratto rescindibile.
La lesione, per legittimare l’azione di rescissione, deve eccedere la metà del valore che la controprestazione a carico della parte danneggiata aveva al tempo della firma del contratto preliminare.
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