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Può il locatore farsi giustizia da sé e recuperare l'immobile occupato dall'inquilino che rifiuti di restituirlo al proprietario?
Capita spesso di ascoltare le lamentele di locatori che dopo aver locato un immobile (appartamento, locale commerciale, etc.) incontrino grandi difficoltà nel recuperarlo pur avendone pieno diritto in quanto l’inquilino non paga il canone oppure essendosi il contratto risolto.
In questi casi è forte la tentazione del locatore di intervenire in prima persona per “forzare l’inquilino a liberare l’immobile” ponendo in essere condotte quali il distacco/recesso dalle utenze di luce, gas, acqua, oppure arrivando a condotte più estreme quali il cambio della serratura o l’ingresso nell’appartamento per fisicamente procedere a far sloggiare l’inquilino.
Le condotte di cui sopra, integranti delle forme di “giustizia fai da te” sono tuttavia illegittime e possono esporre il locatore a gravi responsabilità tanto civili quanto penali: il locatore pertanto – che già subisce il danno di non riuscire a recuperare velocemente l’immobile di cui è proprietario – rischia anche di subire la “beffa” di dover risarcire il danno all’inquilino e a doversi difendere in un processo penale, sopportandone i costi e le connesse gravose conseguenze in caso di condanna.
Chiariamo meglio.
Quando il contratto di affitto non viene rispettato dal conduttore (ad esempio perché l’inquilino non paga il canone, oppure non rende al proprietario l’immobile alla scadenza, oppure esercita un’attività non consentita, etc.) il locatore ha certamente il diritto di agire per recuperare l’immobile e ottenere il pagamento dei canoni eventualmente non pagati ma, per fare ciò, deve necessariamente ricorrere agli strumenti giudiziali messi a disposizione dall’ordinamento giuridico e, conseguentemente, richiedere al Tribunale un provvedimento di sfratto con cui il Giudice ordina all’inquilino di liberare l’immobile entro una precisa data (laddove il provvedimento di sfratto non venga rispettato, il locatore potrà ottenere la liberazione forzata dell’immobile rivolgendosi agli Ufficiali Giudiziari che cureranno la fase esecutiva dello sfratto).
Il nostro sistema giuridico, pertanto, bandisce e punisce le forme di autotutela (il farsi giustizia da sé) a cui potrà farsi ricorso solo in ipotesi eccezionali tassativamente previste dal legislatore, di cui nessuna riguarda la materia locatizia (forma di autotutela ammessa è, per fare un esempio, il diritto di ritenzione riconosciuto all’officina meccanica il cui personale potrà rifiutarsi di restituire il mezzo riparato al proprietario se prima non viene saldata la riparazione).
Al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge (nessuno dei quali riguarda le locazioni), non è possibile farsi giustizia da sé e questo a prescindere dal fatto che la procedura giudiziale di sfratto e l’eventuale successiva fase esecutiva per recuperare l’immobile possa avere tempi e costi rilevanti di cui si troverà a dover far fronte – quanto meno a titolo di anticipazioni – il locatore.
Cosa rischia il locatore che ricorre alla giustizia fai da te?
ll locatore che per accelerare la liberazione dell’immobile opti per condotte quali quelle descritte in precedenza (es. distacco delle utenze) commette un illecito civile integrante altresì ipotesi di reato quali l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (è il caso del distacco delle utenze: per il nostro ordinamento si ha “violenza sulle cose” ogni qual volta la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione per cui è finalizzata), potendosi anche arrivare a ipotesi più gravi di reati, sulla cui integrazione si dovrà valutare caso per caso (si pensi ad esempio a chi “di forza” o con minacce estromette fisicamente dall’appartamento l’inquilino o a chi ricorre al danneggiamento di cose dell’inquilino o reitera molestie, etc.).
Il conduttore che anziché ricevere la notifica dell’atto di intimazione di sfratto subisce condotte “intimidatorie” da parte del locatore, potrà quindi proporre denuncia querela (dando avvio ad un procedimento penale a carico del locatore), altresì potendo valutare di agire – con autonomo procedimento civile o costituendosi parte civile nel procedimento penale – per il risarcimento del danno che dimostri di aver concretamente subito per l’illegittima condotta posta in essere dal locatore: nel caso specifico il danno per essere rimasto privo di acqua, luce e gas.
Tale conclusione – giusta o non giusta, piaccia o non piaccia – è stata più volte confermata dalla Corte di Cassazione, ferma nel ritenere che integra il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, la condotta del proprietario di casa che disdica i contratti di fornitura delle utenze domestiche – a lui intestate – relative ad un appartamento dato in locazione, al fine di accelerare le attività di rilascio dell’immobile da parte del conduttore: tale condotta realizza la violenza sulla cosa attraverso un mutamento di destinazione dei beni portati da dette utenze ed è attuata nonostante la possibilità di azionare il diritto al rilascio dell’appartamento attraverso il ricorso al Giudice.
Ad avviso dei Giudici: “L’estinzione dei contratti di somministrazione delle forniture di energia e di acqua relative all’appartamento affittato realizza un concreto e «specifico mutamento di destinazione» dei beni portati dalle utenze (gas metano, energia elettrica, acqua) integrante appunto il reato previsto dall’art. 392 Cod. Pen. tradottosi nel modificarne o impedirne l’originaria utilizzazione loro propria, funzionale ad un normale uso della stessa unità abitativa concessa in locazione“.
Come deve comportarsi il locatore per non infrangere la legge e ridurre il rischio di spiacevoli sorprese?
Escluso il ricorrere al distacco delle utenze o ad altre forme di giustizia fai da te, il locatore che non ottenga lo spontaneo rilascio dell’immobile dall’inquilino dovrà ricorrere al procedimento giudiziale di sfratto.
Per un approfondimento sulla procedura di sfratto da seguire e sui presupposti per potervi ricorrere, si rimanda ai due articoli espressamente dedicati:
- per la procedura di sfratto per morosità clicca qui;
- per la procedura di sfratto per finita locazione clicca qui.
Entrambe le procedure prevedono la notifica – per il tramite dell’avvocato di propria fiducia – di un atto giudiziale (l’intimazione di sfratto) con cui si fissa un’udienza in Tribunale per ottenere l’emissione del provvedimento di sfratto in cui sarà altresì indicata la data entro cui il conduttore sarà tenuto a rilasciare l’immobile. Se anche a tale data l’inquilino non libera l’immobile, il locatore, munito del provvedimento di sfratto emesso dal Tribunale, potrà rivolgersi all’Ufficiale Giudiziario e pretendere la liberazione forzata dell’immobile, eventualmente – nei casi più complessi – potendo l’Ufficiale Giudiziario richiedere l’intervento della polizia per allontare l’inquilino che perseveri con ostinazione nell’occupazione.
Concludiamo con qualche consiglio al locatore.
- Poiché la procedura di sfratto (sia essa per morosità o per finita locazione) comporta costi che il locatore sarà costretto ad anticipare e che rischia di non recuperare (si pensi al caso frequente del conduttore nullatenente), è buona prassi, prima di concedere in locazione un immobile, sincerarsi della “affidabilità” dell’inquilino e quindi verificare – con appositi controlli e visure – la capacità economica dello stesso a farsi carico del pagamento del canone e di ogni altra spesa contrattualmente prevista (verificare quindi lo stipendio percepito o l’esistenza di garanzie patrimoniali), altresì verificando l’assenza di pregiudizievoli (protesti, gravami di conservatoria, fermi amministrativi, procedure esecutive, etc.).
- E’ altresì consigliabile di non commettere l’errore di escludere il rilascio del deposito cauzionale ed all’opposto è opportuno quantificarlo – sebbene non sia questa la funzione propria del deposito cauzionale – in misura tale da permettere al locatore di avviare e portare a termine le azioni giudiziali per recuperare l’immobile (fase dello sfratto ed eventuale successiva fase dell’esecuzione dello sfratto) utilizzando dette somme, così almeno da evitare l’ulteriore beffa di anticipare di tasca propria somme di difficile recuperabilità.
- Da ultimo, sebbene la procedura di sfratto nasca come procedura “veloce” nelle intenzioni del legislatore, i tempi per recuperare l’immobile possono dilatarsi enormemente incidendo una moltitudine di fattori e variabili quali: la necessità di dover ricorrere anche alla fase esecutiva dello sfratto; l’eventuale opposizione del conduttore allo sfratto; le tempistiche proprie di ogni Tribunale per convalidare lo sfratto; le tempistiche degli Ufficiali Giudiziari per dare esecuzione allo sfratto; etc. Appare quindi consigliabile di non ritardare l’avvio del procedimento di sfratto: se in corso di procedura l’inquilino optasse per sanare la morosità o liberasse l’immobile, la procedura potrà essere abbandonata o comunque definita contenendo i costi per il locatore, all’opposto attendere vanamente può significare una dilatazione smisurata dei tempi di recupero e quindi del tempo in cui non si potrà beneficiare dell’immobile e, da ultimo, un accrescimento dei costi da anticipare dal locatore per il recupero che saranno infatti proporzionali all’ammontare della morosità dell’inquilino (ossia dei canoni non pagati).
Hai difficoltà a recuperare l’immobile concesso in locazione? Hai dubbi sull’affidabilità del conduttore e vorresti un parere prima di concludere il contratto? Vuoi firmare un contratto di locazione che ti tuteli al meglio?
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