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Che cos'è il Mobbing?
Il mobbing può essere definito come l’accanimento ingiustificato contro il lavoratore da parte del suo datore di lavoro, oppure superiori o colleghi di pari grado, realizzato con più atti finalizzati a emarginarlo, umiliarlo, allontanarlo e, nei casi peggiori, a provocarne le dimissioni.
A seconda della “provenienza” delle condotte vessatorie, si è soliti qualificare il mobbing come:
- bossing: se realizzato dal diretto superiore o dai vertici dell’organizzazione;
- verticale: se realizzato da colleghi di grado superiore;
- orizzontale: se realizzato da colleghi di pari grado;
- trasversale: se realizzato con l’intervento di soggetti terzi (estranei all’ambiente lavorativo).
Il mobbing è sempre illecito: il lavoratore potrà agire in sede civile (in alcuni casi anche in sede penale) per far cessare le condotte vessatorie e ottenere il risarcimento del danno che dimostri di aver subito. Laddove le condotte mobbizzanti siano state la causa delle dimissioni, il lavoratore avrà altresì diritto all’indennità di mancato preavviso di licenziamento, oltre al diritto a percepire la disoccupazione (laddove sussistano gli ulteriori requisiti di legge), trattandosi di dimissioni per giusta causa.
Quali elementi devono sussistere per aversi mobbing?
La giurisprudenza ritiene sussista mobbing allorquando:
- il lavoratore sia stato vittima di plurimi comportamenti vessatori (comportamenti anche leciti se presi singolarmente: es. l’avvio di un procedimento disciplinare);
- le condotte vessatorie siano state ripetute nel tempo;
- le condotte vessatorie siano tutte collegate dall’intento di danneggiare (umiliare, estromettere, etc.) il lavoratore;
- si sia prodotto un effettivo danno al lavoratore (ad esempio l’insorgenza di ansia, depressione, disturbi della personalità, la perdita del posto di lavoro, etc.).
Quali condotte integrano il mobbing?
Nessuna norma fornisce un elenco degli atti di mobbing che, pertanto, costituiscono un “elenco aperto”.
Vi rientrano le condotte vessatorie che si traducono o che si sostanziano in:
- pressioni o molestie psicologiche;
- critiche o rimproveri ingiustificati;
- procedimenti disciplinari infondati;
- molestie sessuali;
- attribuzione di compiti dequalificanti;
- la continua richiesta di lavoro durante il weekend;
- la negazione delle ferie nei periodi richiesti dal dipendente senza che vi sia una valida ragione;
- l’esercizio smodato di forme di controllo.
Chi risponde per gli atti di mobbing?
Oltre che l’autore delle singole condotte vessatorie, del mobbing risponde sempre il datore di lavoro essendo tenuto, ai sensi dell’articolo 2987 del Codice civile, a tutelare le condizioni di lavoro, l’integrità fisica e psichica dei propri dipendenti.
Ne consegue che ogni datore di lavoro – pubblico o privato – ha il dovere di prevenire e impedire i fenomeni di mobbing ed a conferma di ciò l’art. 2049 del Codice civile dispone che il datore di lavoro deve rispondere anche dei fatti illeciti commessi dai propri dipendenti.
Quanto detto non vale a livello penale, dove la responsabilità è personale e conseguentemente del reato risponderà unicamente l’autore materiale della condotta vessatoria.
Il mobbing è reato? Posso denunciare il datore di lavoro?
Il mobbing, laddove sussistano gli elementi visti in precedenza, costituisce un illecito civile che legittima un’azione di risarcimento danni.
Il mobbing può anche essere un reato qualora sussista uno “stretto contatto” tra il datore di lavoro ed il lavoratore vessato (cosa che succede di solito, ma non necessariamente) nei piccoli ambienti di lavoro, con pochi dipendenti. Nulla, tuttavia, esclude che le singole condotte vessatorie (quindi a prescindere dall’integrazione della fattispecie di mobbing) costituiscano autonome ipotesi di reato. A seconda dei casi, pertanto, potrebbero essere integrati i reati di diffamazione, minaccia, lesioni personali colpose, violenza privata, estorsione, maltrattamenti, abuso d’ufficio, stalking, violenza sessuale.

Come fornire la prova del mobbing?
Chi ritiene di essere vittima di mobbing è tenuto a fornire la prova delle “condotte mobbizzanti” ed è pertanto opportuno e consigliabile che il lavoratore, ancor prima di “prospettare” al datore di lavoro l’avvio di azioni o comunque il coinvolgimento di un legale, raccolga (si “precostituisca”) le prove dei comportamenti vessatori mediante registrazioni audio e/o video degli atti persecutori, nonché mediante l’acquisizione di prove documentali attestanti le vessazioni (mail, screenshot dei messaggi nella chat aziendale o scambiati con il datore di lavoro, etc.).
In giudizio il lavoratore potrà altresì chiedere che i colleghi siano chiamati a testimoniare per confermare di aver assistito alle condotte vessatorie ma, come facile “intuire”, la paura di ritorsioni potrebbe rendere “imprevedibile” la testimonianza, rendendo rischioso l’avvio di un giudizio che si fondi esclusivamente su questo strumento di prova.
Quali sono i diritti del lavoratore vittima di mobbing?
Il mobbing è un fatto illecito. Il lavoratore che dimostri di esserne vittima ha diritto:
- all’immediata interruzione delle condotte vessatorie;
- (oltre) al risarcimento di tutti i danni subiti (biologico, da demansionamento, etc.) derivanti dalle condotte mobbizzanti;
- (oltre) in caso di insostenibilità della situazione lavorativa, a dimettersi per “giusta causa” con pagamento da parte del datore di lavoro dell’indennità di mancato preavviso della risoluzione del rapporto di lavoro e con diritto all’erogazione della Naspi.
Sei vittima di mobbing? Ecco cosa fare
- raccogliere – prima di aver rappresentato al datore di lavoro l’intenzione di incaricare un legale – le prove che possano dimostrare di aver subito comportamenti vessatori, quali molestie, continui rimproveri o altri atti ostili;
- sottoporre senza ritardo al legale di propria fiducia quanto raccolto per un parere sulla sussistenza di mobbing (oppure, in via subordinata, “straining“), nonché sulla rilevanza penale delle condotte vessatorie di cui si è vittima;
- il legale, a seconda delle particolarità del caso, individuerà la o le migliori soluzioni percorribili che potranno variare tra: diffida all’immediata interruzione delle condotte vessatorie; querela per avviare un procedimento penale avverso l’autore delle condotte incriminate; azione civile per ottenere il risarcimento del danno subito; richiesta intervento dell’Ispettorato del Lavoro; assistenza ai fini della presentazione delle dimissioni per “giusta causa” con richiesta di pagamento di tutti gli emolumenti riconnessi.
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