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Premessa: il diritto di proprietà e i suoi limiti
L’art. 832 c.c. definisce il diritto di proprietà come il potere di godere e disporra della cosa, in modo pieno ed esclusivo, nel rispetto dei limiti e degli obblighi imposti dall’ordinamento.
Un limite generale è espresso dal divieto di abuso del diritto, corollario del canone di buona fede e correttezza, del quale è espressione, con riferimento ai diritti reali, il divieto di compiere atti emulativi (art. 833 c.c.). Gli atti vietati, in particolare, sono quelli che – sebbene astrattamente riconducibili all’esercizio del diritto di proprietà – non hanno altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri.
Un secondo limite all’esercizio del diritto del proprietario è ravvisabile nel divieto di produrre immissioni nei fondi altrui (es. immissione di rumori). La norma di riferimento è l’art. 844 c.c., volta a contemplare una deroga avente legittimazione nell’art. 42, secondo comma, della Costituzione, che autorizza l’introduzione di limiti ex lege alla proprietà, per garantirne la funzione sociale. Il bilanciamento tra le esigenze produttive e quelle fondiarie determina un parziale sacrificio della proprietà, a vantaggio di alcuni interessi collettivi tra i quali figura l’esercizio dell’impresa, ritenuta portatrice di interessi collettivi a prescindere dal suo oggetto sociale.
Le immissioni costituiscono emanazioni provenienti da fattori di disturbo, riconducibili a soggetti terzi rispetto ai titolari del fondo su cui esse si riversano. Esse devono provenire da un fondo, non necessariamente vicino a quello su cui si producono gli effetti delle propagazioni. Possono avere ad oggetto fumo, calore, rumore, esalazioni, scuotimenti e simili.
Quando un'immissione è intollerabile e quindi vietata?
Per determinare se un’immissione è vietata/illegittima occorre analizzare se è stata superata la soglia di normare tollerabilità e, per fare ciò, “occorre fare riferimento al livello normale di sopportazione, secondo la coscienza sociale relativa ad una determinata zona e alle abitudini dei suoi abitanti” (Cassazione Civile, Sentenza n. 21172/2015).
Detta valutazione va effettuata in un’ottica oggettiva, prescindendo dal personale livello di tolleranza di chi subisce le immissioni ma pur sempre nella prospettiva del fondo ricevente.
Il secondo comma dell’art. 844 c.c. prevede inoltre il contemperamento tra esigenze della produzione e diritto di proprietà: qualora vengano in considerazione interessi di tipo economico e industriale, la soglia di normale tollerabilità viene innalzata, sempre che ciò non si risolva in un danno alla salute, giacchè in tal caso le istanze produttive non possono in alcun modo prevalere.
Nella determinazione della tollerabilità dei rumori, piuttosto che un criterio assoluto, che tiene conto dell’intensità delle immissioni sonore di per sé, occorre fare riferimento ad un criterio comparativo che tiene conto non solo del livello sonoro rilevato ma lo compara con il cosidetto rumore di fondo, costituito dal complesso di rumori continuo e caratteristico di una certa zona.
Difatti, la normale tollerabilità deve essere valutata nel caso concreto e deve tener conto della previa condizione dei luoghi: compete al Giudice individuare detta soglia, il quale farà una valutazione che varierà da luogo a luogo, a seconda delle caratteristiche della zona e alle abitudini degli abitanti, avuto riguardo allo svolgimento di attività ricreative anche all’aria aperta.
I rimedi esperibili e la risarcibilità del danno
In presenza di rumori intollerabili (o altra tipologia di immissione illegittima perchè “sopra soglia”), il rimedio giuridico specifico che consente l’emissione di un provvedimento immediato per farli cessare è il ricorso per provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c.
A tal fine, per poter validamente proporre detto ricorso, occorre verificare che sussistano due requisiti:
- il fumus boni iuris (la parvenza di fondatezza dell’azione);
- il periculum in mora (il pericolo nel ritardo).
Quanto al primo requisito, l’inibitoria (il provvedimento che ordina la cessazione dei rumori o altri accorgimenti per renderli “tollerabili”) può essere concessa a tutela del diritto alla salute, inteso quale diritto fondamentale e inviolabile della persona, comprensivo non solo dell’incolumità fisica ma anche del benessere psichico dell’individuo e di tutto ciò che vale a costituire la qualità stessa della vita. In particolare, i rumori intollerabili sono in grado di arrecare un danno alla salute della persona anche in assenza di lesioni organiche, in quanto per ottenere tutela non è necessario che il disturbo arrecato all’equilibrio della persona integri una patologia da accertarsi mediante perizia medico legale.
Quanto al periculum in mora, si deve ritenere sufficiente la dimostrazione della natura intollerabile dei rumori che già sta incidendo negativamente sulla salute (ad esempio comportando fenomeni di alterazione del sonno, stress, etc.) che giustifica l’adozione di un provvedimento d’urgenza.
Quanto al risarcimento del danno subito a causa dei rumori intollerabili, non sarà possibile farne richiesta nel ricorso per provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c., bensì occorrerà promuovere un separato procedimento “ordinario” chiedendo al Giudice la condanna del responsabile di detti rumori.
Preme evidenziare che il danno da immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno alla salute accertato all’esito di una perizia medico legale, potendo ritenersi integrato anche laddove si sia sostanziato in una lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (C.E.D.U.), norma alla quale il Giudice è tenuto a uniformarsi (Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 2611/2017).
La prova del danno subito può essere fornita anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza (Cassazione Civile, Sentenza n. 26899/2014).
Laddove non sia possibile quantificare con precisione il danno subito, il Giudice potrà determinarlo facendo ricorso ad una valutazione equitativa.
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