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Sfratto per morosità: cos'è e come funziona?
Per procedere con lo sfratto per morosità sono necessari due requisiti:
- un regolare contratto di locazione sottoscritto da entrambe le parti e regolarmente registrato all’Agenzia delle Entrate;
- mancato pagamento anche di un solo canone mensile entro i termini previsti dal contratto.
Ma come funziona lo sfratto?
A questo punto possiamo addentrarci nella procedura per attivare lo sfratto per morosità.
L’intimazione di sfratto per morosità è un atto processuale che il locatore a mezzo di un avvocato di fiducia fa notificare all’inquilino moroso tramite ufficiale giudiziario e lo invita a comparire dinanzi al tribunale competente al fine di far convalidare lo sfratto e contestualmente lasciare l’appartamento a causa della sua morosità.
La notifica dunque dà il via alla procedura di sfratto vera e propria e, a questo punto, il conduttore può:
- non costituirsi in giudizio e quindi subire lo sfratto;
- opporsi allo sfratto documentando eventuali ragioni di credito;
- pagare e interrompere la procedura di sfratto.
Se non ci sono ragioni di opposizione, il giudice può già dalla prima udienza emettere l’ordinanza di convalida sfratto già esecutiva e, contestualmente, l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti fino a quella data, oltre alle spese legali sostenute dal locatore e le anticipazioni sostenute per attivare l’intera procedura.
Alla prima udienza, tuttavia, l’inquilino, costituendosi in giudizio, può chiedere il cosiddetto termine di grazia, ossia una dilazione di 90 giorni, che dovrebbe servire a consentirgli di trovare i soldi per pagare e, in caso contrario, con l’emissione della successiva ordinanza di sfratto, il giudice intimerà al conduttore il pagamento di tutti i canoni già scaduti, degli interessi e delle spese processuali.
Vediamola nel dettaglio.
Il termine di grazia: sanatoria della morosità
La morosità può essere sanata, per non più di quattro volte complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine per la sanatoria è di centoventi giorni, se l’inadempienza, protrattasi per non oltre due mesi, è conseguente alle precarie condizioni economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate condizioni di difficoltà.
Il conduttore che, convenuto in un giudizio, abbia richiesto la concessione del “termine di grazia”, manifesta implicitamente una volontà incompatibile con quella di opporsi alla convalida, cosicché qualora non adempia nel termine fissato dal giudice, questi emetterà l’ordinanza di convalida di sfratto, senza che possano assumere rilievo ulteriori eccezioni o contestazioni circa il quantum, ovvero la sussistenza e/o l’entità del credito vantato dal locatore sollevate dopo la predetta richiesta di termine per sanare la morosità.
Cosa succede se non sana la morosità a seguito di termine di grazia?
Con l’intimazione di sfratto, pronunciata a seguito dell’udienza, il giudice assegna infatti al conduttore un termine entro il quale lasciare l’immobile libero da cose e persone, convalidando quindi lo sfratto.
Se neanche entro tale scadenza, l’inquilino dovesse abbandonare l’immobile, il locatore dovrà procedere ad avviare una seconda procedura: quella di esecuzione forzata rivolgendosi all’ufficiale giudiziario.
La fase esecutiva dello sfratto e l' intervento dell'Ufficiale Giudiziario
Come sopra anticipato, se l’inquilino non dovesse lasciare l’immobile entro la data stabilita dal Giudice, sarà necessario rivolgersi all’Ufficiale Giudiziario.
Quest’ultimo fisserà una data per un primo accesso volto a intimare verbalmente al conduttore l’abbandono dell’immobile.
Se questi non dovesse essere presente o non dovesse acconsentire, l’ufficiale, dopo il deposito da parte del legale di una serie di appositi atti, fissa un secondo accesso e, se del caso, un terzo, eventualmente accompagnato dalla forza pubblica e da un fabbro per l’apertura forzata della porta di ingresso ed il conseguente cambio della serratura.
Sfratto per morosità: locazioni ad uso commerciale
Nelle locazioni ad uso non abitativo, la legge non dice espressamente dopo quanti giorni di ritardo si può procedere allo sfratto.
È il giudice che deve valutare caso per caso e giudicare le ipotesi in cui l’inadempimento si può considerare grave.
Si deve accertare la gravità in concreto, cioè l’idoneità a ledere in modo rilevante l’interesse contrattuale del locatore, a sconvolgere l’intera economia del rapporto e a determinare un notevole ostacolo alla prosecuzione del medesimo. Si tiene quindi conto dell’entità del canone e, in rapporto ad esso, del debito accumulato.
Il pagamento del canone in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita integra inadempimento grave quando l’importo complessivo superi, anche se riferito agli oneri accessori, quello di due mensilità di affitto.
Sfratto per morosità: locazioni ad uso abitativo
Per le locazioni ad uso abitativo, invece, lo sfratto può essere richiesto già dopo il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista nel contratto.
Dunque, è possibile sfrattare l’inquilino anche se non paga una sola mensilità purché siano trascorsi 20 giorni.
È altresì possibile sfrattare l’inquilino che, seppur in regola con il canone, non paga le spese condominiali a suo carico (i cosiddetti «oneri accessori»), ma ciò solo quando l’importo non pagato supera quello di due mensilità del canone ed il ritardo è di almeno 60 giorni rispetto alla richiesta di pagamento inoltratagli dal locatore.
Sulla base di tali parametri, il locatore potrà promuovere il procedimento di convalida di sfratto per morosità nei confronti del conduttore e contestualmente invocare la risoluzione del contratto.
Non sapete come rientrare nel possesso dell’immobile locato ad un inquilino che non paga il canone?
Rivolgetevi allo Studio, sapremo assistervi